Passione e paesaggi

Nello Ponente

Benucci riscopre il paesaggio.
Non lo osserva soltanto, non lo trascrive fedelmente (inutilmente).
Lo trasferisce in una dimensione personale, attraverso un procedimento di interpretazione che conduce le forme ad essere forme simboliche di sentimenti e di condizione.
La semplice riscoperta, infatti, potrebbe di per sé anche non essere importante, la contemplazione idilliaca, in quanto retaggio accademico, essendo ormai esclusa dai nostri comportamenti.
Ma il modo di questa riscoperta, fondato su conoscenze precise, sull'elaborazione di un linguaggio che tende ad una sua attualità, riscatta ogni abitudine ed ogni assuefazione.
Il contatto con la natura, per chi ha la possibilità di confermare in essa la sua fede, si dimostra dunque positivo. In questo ambito, il modo pittorico di Benucci è prima di tutto modo di rivalutazione di certi valori, che egli non riesce credere esauriti; ed è lavoro di scavo (di approfondimento) delle strutture organiche del visibile e delle sensazioni originali.
Perciò è, prima di tutto, lavoro di indagine, aperto quindi, non prestabilito, non cristallizzato, diremmo, in un contesto sintattico, immobile e accademico.
Ne è testimonianza l'impaginazione nervosa, la luminosità sofferta.
Impaginazione a cui, naturalmente, contribuiscono non solo lo scheletro grafico, ma ancora di più il colore, la stesura cromatica che spezzetta, che infrange i pericoli di quelle assuefatte abitudini di cui dicevamo all'inizio.
Impaginazione organica quindi, che si realizza in quella luminosità intessuta di valori timbrici, che produce immagini simboliche, ma senza equivoco alcuno. Immagini concrete e rivelatrici di un'appassionata partecipazione.

[1968]